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Intervento di Árni Daníel Júlíusson (Attac Islanda) alla Conferenza internazionale del 31 maggio 2011 a Bruxelles
Due anni fa l’Islanda ha eletto un nuovo parlamento, risultato della rivolta popolare. La rivolta fu una democratica e spontanea reazione al crollo delle banche e alla bancarotta del paese.
Manifestazioni di protesta in tutti i municipi della Spagna per l’insediamento delle amministrazioni elette il 22 maggio 2011. A Madrid risposta violenta della polizia. Detenzione illegale di centinaia di manifestanti e pestaggi ingiustificati di marita cassan
Il movimento 15m (15 maggio) così come adesso si chiama ha lanciato la proposta raccolta da moltissime assemblee di quartiere di protestare davanti alle municipalità in Spagna ieri 11 giugno, giornata di investitura ufficiale
A Madrid già dalla mattina, mentre la cerimonia era prevista per le 12, le strade del centro erano pesantemente presidiate e la piazza della Villa irrangiungibile. Per un raggio di circa 200 metri 3 file di barriere impedivano l’accesso a chiunque pensasse di avvicinarci.
La manifestazione si è concentrata a ridosso delle barrierre di Calle Mayor senza poter raggiungere la piazza: una manifestazione pacifica aperta dallo striscione della memoria per le vittime del franchismo
e appoggiata da migliaia di persone di Madrid. Contemporanemente molte altre erano impegnate a manifestare nei distretti periferici e nei paesi della grande Madrid.
Mille e mille le pentole, le padelle, le campane, persino le teiere battute da forchette e mestoli!
e gli slogan:
“No, no non ci rappresentano!”
“la vostra crisi non la paghiamo”,
“Poliziotti, abbasseranno i salari anche a voi”,
“Le nostre armi sono le nostre mani”
Un clima determinato, fatto dei gesti che caratterizzano questo movimento, mani in alto, suoni, canzoni, colori, rabbia, indignazione!
Le facce, gli abiti e gli strumenti utilizzati esprimono la diversità che caratterizza questo movimento: indignat@ diversissim@, uomini e donne, giovani e anziane.
Dopo un’ora, intorno alle 12…. la decisione della parte di manifestanti a nord della Calle Mayor di muoversi, girare intorno al palazzo e muoversi nelle vie laterali, la bara della democrazia in testa al corteo seguita da dolenti.
Il corteo raggiunge il retro del municipio. Le strade laterali non sono bloccate, non ci sono barriere e si pensa di poter raggiungere l’altro pezzo del corteo nella parte sud di calle Mayor ma un cordone di polizia municipale in tenuta leggera ferma i/le manifestanti che sono costretti/e quindi a fermarsi davanti alla fontana protetta anche questa da un cordone della polizia. Nella piazza irrangiungibile per il corteo alcune televisioni e i mezzi del catering.
Ricominciamo gli slogan: ” La voce del popolo non è illegale!”, ” La chiamano democrazia e non lo è! E’ una dittatura, questo è! ” battezzata ormani la canzone dell’estate. Gli slogan vengono urlati soprattutto verso il cordone della polizia che non lascia scorrere il corteo e questo va sottolineato vista la giustificazione fornita dalla polizia delle cariche ritenute necessarie in quanto i/le manifestanti bloccavano la strada di uscita per i mezzi.
Il corteo non aveva intenzione di bloccare anzi mostrava evidente la volontà di voler passare per raggiungere l’altro spezzone.
Si è voluto costringere centinaia di persone in un budello per poterli accusare di voler bloccare la strada di fatto bloccata dalla polizia e per giustificare successivamente le successive cariche della polizia?
All’una molto velocemente il cambio di atteggiamento da parte della polizia. Nel giro di pochi minuti e senza che il clima della piazza fosse cambiato, senza che alcuna provocazione fosse stata effettuata, sono arrivati i mossos in tenuta antisommossa e senza il numero di riconoscimento sulla divisa. Non è stata data nessuna informazione alle persone che stavano manifestando, nessun invito a lasciare la strada.
Circolava la voce che la cerimonia fosse terminata e Alberto Ruiz-Gallardón non potesse sopportare di uscire dal palazzo con una manifestazione in corso.
Da parte dei manifestanti non si blocca in nessun modo l’uscita delle auto. Ma questo non basta a evitare quello che succede nelle due ore successive. Una colonna di circa 50 agenti antisommossa arriva correndo e chiude il blocco centrale delle/dei manifestanti in un quadrato, tre lati cordonati da loro e l’altro la parete dell’edificio sul fondo, allontana i giornalisti e inizia successive cariche contro le persone delle prime file a distanza di circa 15 minuti: cariche assolutamente ingiustificate sia rispetto alle finalità (il posizionamento di una barriera di metallo) sia rispetto all’atteggiamento assolutamente pacifico delle/dei manifestanti, sedute/i in terra con le braccia incrociate o con le mani in alto, gridando “Se son detenuta o detenuto ho diritto a un avvocato”
Visto dall’interno quello che sta succedendo pare una pratica della peggiore scuola di polizia antissommossa attivata in assenza di sommossa. Persone trascinate per il collo, per i lobi delle orecchie, ossa rotte, cellulari e Ipod usati per riprendere lanciati per aria o pestati, manganellate contro persone assolutamente inermi che non hanno per altro nessuna possibilità di lasciare lo spazio in cui si trovano.
Un’esperienza che atterisce per assenza del minimo rispetto delle persone coinvolte, un desiderio di far male perchè sia ricordato, di spaventare perchè non si torni ad esserci.
Il movimento sta organizzando una risposta a livello legale. Si stanno raccogliendo testimonianze, denunce e soprattutto immagini che aldilà dei racconti individuino le precise responsabilità individuali di quanto quell’11 giugno è successo qui a Madrid ma che è già successo a Barcellona, a Salamanca e in molte altre città della Spagna.
“Non volete che ci sentano… perchè sapete che abbiamo ragione!” e forse solo questo slogan spiega la risposta di questo sistema a questo movimento.
di Marita Cassan
foto Rise Up Studio, Madrid
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